Cass. civ., Sez. II, Ord.,11/07/2023, n. 19630
Con la predetta sentenza, viene chiarito che, “A norma dell’art. 428, comma 2, c.c., l’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulti la malafede dell’altro contraente. È stato, al riguardo, statuito da questa Corte che, ai fini dell’annullamento del contratto per incapacità naturale a differenza di quanto previsto per l’annullamento dell’atto unilaterale non rileva, di per sè, il pregiudizio che il contratto provochi o possa provocare all’incapace, poichè tale pregiudizio rappresenta solamente un indizio della malafede dell’altro contraente. La diversità di disciplina contenuta nell’art. 428 c.c. sottende la differente rilevanza sociale degli atti unilaterali rispetto a quella dei contratti, poiché nei primi è preminente l’interesse dell’incapace a controllare le conseguenze degli atti compiuti, mentre nei secondi è prioritario l’interesse alla certezza del contratto e alla tutela dell’affidamento della controparte che, non essendo in malafede, abbia confidato nella sua validità (cfr. Cass. n. 29962/2022)”.

Cass. civ., Sez. II, Ord. 16 giugno 2023, n. 17325.
Con tale Ordinanza, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito il principio di diritto secondo cui, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 6 (nella versione applicabile ratione temporis nel caso deciso dalla suddetta Corte), ove il giudizio sia stato concluso con una transazione, all’avvocato deve essere riconosciuto un ulteriore compenso rispetto a quello spettante per l’attività precedentemente svolta, e questo deve essere pari a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale, con l’aggiunta di un aumento sino a un quarto (ora, in virtù delle modifiche disposte dall’art. 2, comma 1, lett. g, D.M. 13 agosto 2022, n. 147, all’art. 4 comma 6 del DM n. 55/2014, il predetto aumento deve essere di un quarto, non più fino a un quarto).

Cass. civ., Sez. II, Ord. 20/04/2023, n. 10627
La Corte di Cassazione, con la predetta Ordinanza, ha ribadito il principio, secondo il quale, <>.

Cass. civ., Sez. III, Sent. 28/02/2023, n. 5987. Con questa ordinanza, la Suprema Corte di Cassazione ha riaffermato che elemento essenziale del contratto estimatorio di cui all’art. 1556 c.c., è la facoltà dell’accipiens di restituire la merce in via alternativa al pagamento del prezzo e non anche la fissazione di un termine per l’esercizio di tale facoltà, anche se inessenziale è da intendersi la fissazione del termine per via contrattuale, ma non il termine in sé, il quale, ove non fissato dalle parti, deve essere stabilito dal giudice ai sensi dell’art. 1183 c.c., comma 1.

Cass. civ., Sez. II, Ord.,23/01/2023, n. 1896
Con tale Ordinanza la Cassazione ha rilevato come, in un condominio, le tabelle millesimali possano essere rivedute o modificate solo in caso di notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano, evidenziando come anche la recente riforma del condominio, attuata con la L. n. 220 del 2012, abbia riservato la modifica delle tabelle millesimali alle ipotesi in cui, a causa delle mutate condizioni di una parte dell’edificio, sia alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino. Pertanto, la tabella che li esprime è soggetta ad emenda solo in relazione ad errori, di fatto e di diritto, attinenti alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari ovvero a circostanze sopravvenute relative alla consistenza dell’edificio o delle sue porzioni, tali da incidere in modo rilevante sull’originaria proporzione dei valori (vengono, altresì, richiamate anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19797 del 04/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 3001 del 10/02/2010).

Cass. civ., Sez. lavoro, Sent. 13/12/2022, n. 36454 in tema di procedimento disciplinare nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore per la ripresa o riapertura del procedimento disciplinare in esito al giudizio penale, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 art. 55-ter, comma 4, si ha per rispettato se l’amministrazione datrice di lavoro formi entro tale termine l’atto di rinnovo della contestazione dell’addebito, assumendo rilievo l’eventuale superamento di quel termine per ritardo nella comunicazione solo allorquando esso sia di entità tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’incolpato.

Cassazione civile, Sez. II, sentenza 28 ottobre 2022, n. 31995.
La presunzione legale di comunione, stabilita dall’art. 1117 c.c., si reputa operante anche nel caso di cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale, mentre non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari.

Cass. civ., Sez. II, Ord., 20/09/2022, n. 27399
Con la predetta pronuncia, viene ribadito il principio generale riferibile a tutte le situazioni di amministrazione di società o associazione o altri enti
in base al quale in tema di sanzioni amministrative, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 3, è responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica a cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione, sicchè, qualora un illecito sia ascrivibile in astratto ad una società, non possono essere automaticamente chiamati a risponderne i soci amministratori, essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta positiva o omissiva che abbia dato luogo all’ infrazione, sia pure soltanto sotto il profilo del concorso morale. (cfr anche le richiamate Cass. 30766/18 e Cass. 26238/11).

Corte Suprema di Cassazione Seconda Sezione Civile 19 luglio 2022, n. 22662.
La Suprema Corte ha specificato che, in tema di simulazione, la cosiddetta “controdichiarazione” costituisce un atto di riconoscimento o di accertamento scritto che, non avendo carattere negoziale e non facendo parte del procedimento simulatorio come elemento essenziale, può non essere coeva all’atto simulato e può altresì provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione.

Cass. civ., Sez. II, Ord.,16/05/2022, n. 15613: per la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture, o per trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino, o per procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorre l’espressione di una volontà contrattuale e, quindi il consenso, da parte di tutti i condomini.

Cassazione civile Ordinanza 22 aprile 2022, n. 12909.
Con questa ordinanza, la Cassazione rileva come nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di un contratto di appalto, il committente sia sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’ art. 2051 c.c., in quanto custode. E tale responsabilità non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse. Dunque, in base al succitato art. 2051 c.c., l’unico limite alla sua responsabilità è il caso fortuito, senza, peraltro, che siano escluse ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore.

Cassazione Civile, sez. VI – 2. Ordinanza 10 marzo 2022, n. 7835.
Con il predetto provvedimento, la Suprema Corte di Cassazione ha escluso che l’atto interruttivo della prescrizione debba necessariamente indicare l’importo richiesto in pagamento o l’intimazione ad adempiere, essendo sufficiente anche la mera richiesta scritta di adempimento accompagnata dall’individuazione del debitore.

Cass. civ., Sez. VI – 3, 25/01/2022, n. 2093.
La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito, con tale pronuncia, che l’omessa menzione, nell’atto di precetto, del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del provvedimento monitorio, così come dell’apposizione della formula esecutiva, comportano la nullità – deducibile con l’opposizione agli atti esecutivi – del precetto stesso, non potendo l’indicazione di quel provvedimento evincersi dalla menzione dell’apposizione della formula esecutiva: perciò, è stata ritenuta la nullità del precetto recante la menzione del numero, data e autorità del decreto ingiuntivo, della mancata opposizione e dell’apposizione della formula esecutiva, ma privo della indicazione del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà.

Cassazione civile, Sez. VI – L, ordinanza 30 novembre 2021, n. 37527
Con la predetta Ordinanza, la Suprema Corte di Cassazione, con riguardo alle notifiche via pec, chiarisce che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne possa comportare la nullità, una volta che la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.

Cass. civ., Sez. II, Sent. 19/10/2021, n. 28865
Con questa sentenza, la Cassazione chiarisce che l’onere della prova, in capo all’attore, nell’azione di rivendicazione, non viene attenuato laddove l’eccezione di usucapione del convenuto non risulti fondata. Ciò in quanto, “la prima e fondamentale indagine che il giudice del merito deve compiere concerne l’esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall’attore a fondamento della pretesa, e ciò prescindendo da qualsiasi eccezione del convenuto, giacche, investendo essa uno degli elementi costitutivi della domanda, la relativa prova deve essere fornita dall’attore e l’eventuale insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche d’ufficio (Cass. n. 991/1977; n. 4704/1985; n. 5131/2009)”.
Quindi, nella rivendicazione, l’attore deve fornire la prova “rigorosa” della proprietà, dimostrando un titolo di acquisto originario o, nel caso di titolo derivativo, risalendo fino al dante causa che abbia acquistato a titolo originario. In pratica, l’attore deve risalire a un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrare di avere posseduto (direttamente o sommando il proprio possesso a quello dei suoi predecessori per effetto dell’accessione o successione del possesso ex art. 1146 c.c.) per il tempo necessario al compimento dell’usucapione. E mancando la prova positiva della proprietà, l’attore in rivendica soccombe, anche se il convenuto non dimostra la sua proprietà a sostegno del proprio possesso.

Cass. civ. Sez. I, Ord. 14-04-2021, n. 9811.
Con questa Ordinanza, è stata sottoposta al Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione la questione relativa alla natura della nullità (relativa o assoluta) della consulenza tecnica d’ufficio che si fondi su documenti acquisiti dal consulente tecnico e non prodotti dalle parti, ai fini della sua eventuale rimessione alle Sezioni Unite Civili.

Cassazione civile, sez. III, ordinanza 25 giugno 2021, n. 18284.
Con questa sentenza, la Cassazione ha chiarito che lo stato di invalidità pregresso del danneggiato non può rilevare ove si tratti di danni risarcibili iure proprio ai congiunti, potendo condurre ad una riduzione del quantum dei pregiudizi risarcibili iure successionis, sempre che il danneggiante fornisca la prova che la conseguenza dannosa dell’evento (nella specie, la morte) sia stata cagionata anche dal pregresso stato di invalidità, sicché ove il danneggiato già in condizioni invalidanti di per sé idonee a condurlo alla morte deceda in conseguenza di eventuali condotte (commissive od omissive) di terzi, la risarcibilità iure proprio del danno (patrimoniale e) non patrimoniale riconosciuto ai congiunti può subire un ridimensionamento solamente in ragione della diversa considerazione del verosimile arco temporale in cui i congiunti avrebbero potuto ancora godere (sia sul piano affettivo che economico ) del rapporto con il soggetto anzitempo deceduto.

In base a quanto chiarito dal

TAR Lazio, Roma, Sez. I bis, 31 marzo 2021, n. 3874, il Comitato di verifica per le cause di servizio è l’unico organo competente, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 461/2001 (semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio. Si trattasi di valutazioni sindacabili in sede giurisdizionale, oltre che per vizi del procedimento, nel caso di manifesta illogicità o mancata considerazione di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva, nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione.

Cassazione civile, sez. VI-2, ordinanza 1 marzo 2021, n. 5570
Con tale ordinanza, la Cassazione rileva come il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, abbia diritto al rimborso purché ne dimostri, ex art. 1134 c.c., l’urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini. 

T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 04-01-2021, n. 9
Con questa sentenza, il TAR Lazio ha rilevato come, nell’ipotesi di ritardata costituzione di un rapporto di impiego conseguente all’illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, l’interessato non possa vedersi riconosciuto il diritto alla corresponsione delle retribuzioni riguardanti il periodo di ritardo nell’assunzione, mancando il presupposto dell’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa in tale periodo. Ove, però, il mancato svolgimento della prestazione rientri nella responsabilità del datore di lavoro ex art. 2043 c.c., il lavoratore può chiedere il risarcimento del danno subito, da liquidarsi in via equitativa. Nel caso di specie, il TAR Lazio ha stabilito, ex art. 1226 c.c., un risarcimento del danno pari all’ammontare del trattamento economico netto non goduto ridotto equitativamente nella misura dell’80% (recita sul punto testualmente la sentenza: “80% delle differenze retributive tra il trattamento che il ricorrente percepisce nella posizione attuale e quello che avrebbe dovuto percepire nella qualifica di Dirigente, nel periodo compreso tra la data in cui avrebbe dovuto ottenere l’incarico di dirigente e fino al momento in cui l’Amministrazione non gli ha attribuito la detta qualifica”).

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 20-10-2020) 11-11-2020, n. 25369  
La Cassazione ha chiarito che ai direttori generali (e anche ai direttori sanitari e ai direttori amministrativi) degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale si debba applicare la normativa in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (oltre che quella sulla inconferibilità degli incarichi stessi) – con le relative sanzioni – dettata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 (nonchè, ratione temporis, dalla disciplina specifica per i titolari di incarichi dirigenziali di cui al D.Lgs. n. 39 del 2013). Tale normativa ha carattere imperativo e inderogabile, essendo irrilevante il fatto che il rapporto del direttore generale di un ente del SSN – peraltro, dalla legge qualificato “esclusivo” – sia di natura autonoma e sia regolato da un contratto di diritto privato, perchè, agli indicati fini, quel che conta è lo svolgimento di funzioni in qualità di “agente dell’Amministrazione pubblica”, da cui deriva il rispetto del primario dovere di esclusività del rapporto con la P.A.  

Cass. civ. Sez. II, Ord. 28-08-2020, n. 18031
Con questa pronuncia, la Cassazione ha chiarito, in materia di contratti tra p.a. e professionisti, che, nel caso in cui un comune abbia conferito un incarico ad un professionista, sottoponendo il diritto al compenso di quest’ultimo alla condizione del conseguimento di fondi europei e, successivamente, abbia rinunciato a tali fondi, nonostante gli fossero stati già assegnati, la condizione si debba intendere comunque avverata con la loro erogazione, nonostante la successiva rinuncia della p.a., con conseguente diritto al compenso per il professionista.

Cass. civ. Sez. II, Ord. 29-05-2020, n. 10322
Con questa pronuncia la Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’art. 2697 c.c., qualora il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, essendo stato eseguito con riferimento ad un determinato credito, spetta al creditore-attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, dimostrare sia l’esistenza di più debiti del convenuto scaduti, sia la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di uno dei criteri sussidiari di imputazione stabiliti dall’art. 1193 c.c.  
 

Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 31-10-2019) 10-04-2020, n. 7783
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’esistenza di aperture su un muro, anche se prive della intelaiatura, ma tali da rivelare, in modo palese, la funzione di consentire l’esercizio della veduta sul fondo del vicino, debba considerarsi sufficiente a creare di fatto quella situazione che occorre per dar vita alla costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia e ciò in quanto a tale fine non occorre che la situazione oggettiva di subordinazione o di servizio tra i due fondi derivi da opere complete e munite di tutti gli attributi ad esse inerenti, essendo, invece, sufficiente che esistano segni visibili, precisi ed inconfondibili, che valgano a rilevare, obiettivamente ed in modo non equivoco, la destinazione dell’opera all’esercizio della servitù

Cassazione civile con ordinanza 15 gennaio 2020, n. 724Con questa ordinanza, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito il principio in base al quale il legittimato passivo, nel caso di controversia relativa al pagamento di quote condominiali, è sempre il vero proprietario dell’unità immobiliare facente parte del condominio, mentre non lo è mai chi appare come tale (il c.d. “condomino apparente”), ma, in realtà, non lo sia.

Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 27-09-2019) 20-11-2019, n. 30195  
La Suprema Corte di Cassazione, con tale ordinanza, ha ribadito, anche in conformità con la giurisprudenza amministrativa, come l’occupazione illegittima di un fondo da parte della P.A. e la conseguente trasformazione di un bene privato, al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante ex art. 42 bis DPR 327/2001, in quanto definisce un illecito permanente, non può integrare il requisito del possesso utile ai fini dell’usucapione.

La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia della Sez. III, del 16-07-2019, n. 18946, ha evidenziato come l’art. 1591 c.c. assicuri al locatore danneggiato dalla ritardata restituzione della cosa locata una liquidazione automatica del danno, sulla base della presunzione secondo cui esso debba essere almeno pari al canone precedentemente pagato. Tale presunzione è assoluta, nel senso che non ammette prova contraria, se non a favore del locatore, mentre il conduttore non può eccepire di aver cagionato un danno minore alla misura del canone pattuito, ma è obbligato a continuare a versarlo quale corrispettivo della prosecuzione del rapporto, anche se non voluta dal locatore. Si tratta di un risarcimento di un danno da mora, che si sostituisce all’obbligo contrattuale di pagamento del canone e che costituisce, pertanto, debito di valore (si segnala, peraltro, che, sulla specifica questione della natura di tale debito, sussiste anche giurisprudenza contraria, che lo ritiene di valuta, ferma la sua funzione risarcitoria su fondamento contrattuale, cfr. Cass. 20/06/2017, n. 15146; 14/02/2006, n. 318).

Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 23-11-2018) 05-02-2019, n. 3310.
Con questa ordinanza, resa in materia di condominio negli edifici, si precisa come per il condominio, al fine della presunzione della natura condominiale di un bene, sia sufficiente dimostrarne la sua attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo. Per contro, il condomino che ne affermi la proprietà esclusiva deve darne prova.

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 20-11-2018) 18-12-2018, n. 32730
Con questa pronuncia, la Cassazione si occupa delle responsabilità dei consorzi di bonifica nell’ambito della custodia e manutenzione dei canali in caso di esondazioni

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 5 settembre 2018, n. 21656
Con questa pronuncia la Suprema Corte di Cassazione ribadisce come, nell’ambito di appalti di opere pubbliche, la riserva presupponga l’esistenza di un contratto valido e, dunque, non possa riguardare controversie relative alla risoluzione contrattuale per inadempimento, regolate, invero, dagli artt. 1453 e 1458 c.c.

Corte di Cassazione sez. II civile, ordinanza n. 6223 del 14 marzo 2018.
Con questa pronuncia la Cassazione ha chiarito che il contratto definitivo, rispetto al preliminare, costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti contraenti, tale da poter superare la disciplina del precedente accordo.

Cassazione, sez. III, ordinanza 13 giugno 2017, n. 14623 Il recesso unilaterale previsto dall’art. 27 I. n. 392/1978 costituisce un rimedio speciale all’alterazione del sinallagma contrattuale derivante dalla sopravvenuta inutilità o non fruibilità dell’immobile condotto il locazione. Pertanto, i gravi motivi che lo giustificano non soltanto devono essere obiettivi e sopravvenuti, ma devono anche essersi verificati in un tempo in cui allo squilibrio delle prestazioni contrattuali non può porsi rimedio in modo diverso che mediante il recesso”

Cassazione n. 11785 del 12 maggio 2017.
Con questa pronuncia la Cassazione spiega il principio della responsabilità ex art. 2051 in capo alla società di gestione autostradale, una volta allegata e dimostrata, da parte dell’automobilista danneggiato, l’inattesa e imprevista presenza sulla carreggiata di un’autostrada di un animale selvatico con cui non era stato possibile evitare la collisione.

Cassazione civile Sez. V, Sent., 15-03-2017, n. 6673. Questa pronuncia conferma l’orientamento della Cassazione, in base al quale non è soggetto ad IRAP il professionista, nella fattispecie un avvocato, che svolga l’attività all’interno di una struttura altrui, in tal caso difettando l’autonomia organizzativa, che è presupposto dell’imposta.

Cassazione civile Sez. III, Sentenza n. 2037 del 27 gennaio 2017.
Con tale sentenza la Cassazione ha chiarito come il preliminare di locazione non sia soggetto ad imposta di registro.

Cassazione civile, sez. VI-2, sentenza 19 ottobre 2016, n. 21204
Tale pronuncia evidenzia come la garanzia per vizi prevista dall’art. 1490 cod. civ. debba ritenersi operante anche nei casi di vendita di cose mobili usate, dovendo, in ogni caso, rimanere il vizio della cosa, ed, in particolare , il vizio occulto preesistente alla conclusione dei contratto, ben distinto dal semplice logorio del bene, dovuto al normale uso dello stesso. In particolare, poi, la Cassazione ha chiarito, nel caso specifico in esame, come il venditore di una vettura usata sia tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche in ipotesi di vendita avvenuta “nello stato come vista e piaciuta” e, ciò anche se la loro presenza non fosse imputabile al venditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto.

Cassazione civile, sez. III, sentenza 27 settembre 2016, n. 18991
La Cassazione chiarisce che la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito rende inoperante la clausola risolutiva espressa, ma tale clausola riprende la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione di volontà, a richiamare il debitore all’esatto adempimento delle sue obbligazioni.

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-07-2016, n. 15666. La suprema Corte di Cassazione afferma la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia avente ad oggetto l’escussione, da parte di un comune, di una polizza fideiussoria concessa a garanzia di somme dovute per oneri di urbanizzazione e a titolo di penali, pattuite in una convenzione di lottizzazione, ritenendo che, nella specie, la P.A. agisca nell’ambito di un rapporto privatistico, senza esercitare, neppure mediatamente, pubblici poteri.

Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-07-2016, n. 15115. Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce il principio secondo il quale l’applicazione della norma di cui all’art. 1226 cod. civ. rientra nel poteri discrezionali del giudice del merito, indipendentemente dalla richiesta della parte.

Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza 04 maggio 2016, n. 8886. Con tale sentenza si chiarisce che l’art. 16 septies del D.L.179/2012 non consente l’applicabilità del principio della scissione dell’efficacia della notifica per il notificante e per il destinatario nel caso in cui la notifica telematica sia stata eseguita dopo le ore 21, in quanto in tal caso si deve considerare perfezionata alle ore 7 del giorno successivo

Cass. civ. Sez. III, sentenza 03 maggio 2016, n. 8637. Con questa pronuncia, la Cassazione ha chiarito che la sospensione del canone è pienamente legittima in tutte le ipotesi di impossibilità totale del godimento del bene, allorquando tale impossibilità non fosse manifesta e riconoscibile dal conduttore al momento della sottoscrizione del verbale di consegna dell’immobile.

Ordinanza del Tribunale di Napoli XII sezione civile, depositata il 29 febbraio 2016. Con tale provvedimento, il predetto Tribunale, in un caso in cui l’avvocato del creditore, ottenuto un decreto ingiuntivo ne aveva estratto copia, sia del ricorso e che del decreto stesso, dal fascicolo informatico, per notificarli al debitore ingiunto, ma non aveva sottoscritto l’attestazione di conformità agli originali contenuti nel fascicolo informatico, ha ritenuto, in conseguenza dell’eccezione di nullità sollevata da controparte in sede di opposizione, che l’atto notificato non fosse da considerarsi inesistente o affetto da nullità insanabile, nonostante il difetto di sottoscrizione dell’attestazione di conformità, considerato che il decreto ingiuntivo notificato recava comunque a margine i dati tali da attestarne la provenienza e aveva con sé allegati sia il ricorso che la procura alle liti, oltre all’attestazione di conformità, anche se non sottoscritta. Infine, in ogni caso, il Tribunale di Napoli ha evidenziato come l’atto in questione avesse raggiunto il suo scopo, in modo tale da non potersi considerare nullo ai sensi dell’art. 156 cpc, commi primo e terzo.

Corte di Cassazione, Sez. III, 25 febbraio 2016, n. 3695. Con tale sentenza, viene ribadita la natura contrattuale della responsabilità di un istituto scolastico e dell’insegnante in relazione all’infortunio subìto da un minore nello spogliatoio della palestra del medesimo istituto, in quanto gli obblighi di custodia e protezione in capo ai suddetti soggetti si estendono ad ogni aspetto della prestazione scolastica ed ad ogni luogo in cui questa viene resa, compresi, per l’appunto, gli spogliatoi della palestra.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 29 gennaio 2016, n. 1663. Con tale sentenza il Giudice di Legittimità ribadisce il principio in base al quale la consegna dell’atto per la notifica all’ufficiale giudiziario non costituisce il dies a quo per la decorrenza del termine di costituzione dell’appellante, in quanto tale termine decorre in realtà dalla ricezione dell’atto da parte del destinatario. Il momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario rileva solo ai fini della tempestività della proposizione dell’impugnazione.


Cass. Civ. Sez. III Civile, sentenza 9 settembre – 22 dicembre 2015, n. 25731.

Con tale sentenza la Cassazione evidenzia come, nell’ambito del contratto di utenza di energia elettrica, inquadrabile nello schema del contratto di somministrazione, la clausola contrattuale che prevede la facoltà del somministrante di sospendere la fornitura nel caso di ritardato pagamento anche di una sola bolletta rappresenta una reazione all’inadempimento dell’utente cui viene opposta l’exceptio inadimplenti contractus. Pertanto, la sospensione della fornitura è legittima solo finché permane l’inadempimento dell’utente e che detta sospensione, se attuata quando ormai l’utente ha pagato il suo debito, costituisce inadempimento contrattuale e obbliga perciò il somministrante al risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., a meno che non sia fornita la prova che tale inadempimento sia stato determinato da causa non imputabile al somministrante, ovvero, nella specie, dalla ignoranza incolpevole dell’avvenuto pagamento. E tale ignoranza non può essere considerata incolpevole semplicemente invocando la mancata conoscenza del pagamento da parte dello specifico ufficio addetto alla sospensione e riattivazione del servizio, essendo un fatto interno alla società e non dipendente dall’utente. In buona sostanza, il somministrante che ha interrotto il servizio, per sottrarsi all’obbligazione risarcitoria per averlo fatto nonostante l’avvenuto pagamento dell’utente, deve dare la prova che la mancata conoscenza di tale pagamento sia dipesa da causa estranea alla società somministrante e alla sua organizzazione.

Cass. civ. Sez. II, Sent. 28-08-2015, n. 17271. Con tale sentenza la Suprema Corte di Cassazione ribadisce che, in conformità con la pronuncia delle Sezioni Unite della medesima Corte (Cass. n. 29290 del 15/12/2008), la notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore di copie rispetto alle parti), è valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario, in virtù della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 cpc, ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 cpc comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione, ma ne è il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione secondo quanto disposto dall’art.  285 cpc, in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo.

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 15-06-2015, n. 12310. Tale importante pronuncia evidenzia in che modo possa essere modificata la domanda giudiziale nei limiti concessi dall’art. 183 c.p.c. Tale modifica può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della domanda sotto il profilo oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Pertanto, con tale pronuncia viene ritenuta ammissibile la modifica, in sede di memoria ex art. 183 c.p.c., della iniziale domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto in una domanda di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo.